La lunga storia del paziente H.M.: una pietra miliare nel campo della ricerca sulla memoria
Molaison ha cominciato a soffrire di un devastante disturbo convulsivo all’età di 10 anni. La causa dei suoi attacchi è incerta, ma la famiglia di suo padre presentava una storia di epilessia, e in un’occasione Henry perse i sensi per diversi minuti in seguito allo scontro con un ciclista di passaggio. Gli attacchi peggiorarono nel corso della sua adolescenza e dei suoi 20 anni fino a frequenti perdite di conoscenza e sempre più gravi convulsioni, che gli impedirono di continuare il suo lavoro di riparatore di motori elettrici, nonostante l’assunzione di alte dosi di farmaci anticonvulsivanti. Fu quindi preso in cura da William Beecher Scoville, un neurochirurgo all’Ospedale di Hartford, che nel 1953 decise di rimuovere tramite aspirazione una parte, dalle dimensioni di un dito, dei lobi temporali su entrambi i lati del cervello di Molaison, comprendendo la maggior parte dell’ippocampo,dell’amigdala, e del contiguo giro paraippocampale. Scoville tentò questo intervento chirurgico sperimentale perché in precedenza aveva compiuto tali lobotomie temporali mediali bilaterali su decine di pazienti psichiatrici, nella speranza di sedare le loro psicosi senza i cambiamenti di personalità associati alle più drastiche lobotomie frontali. Ma questo intervento sperimentale di chirurgia cerebrale lasciò Molaison, all'età di 27 anni, inabile a formare nuove memorie. Infatti, nonostante gli attacchi di Molaison fossero diminuiti notevolmente, egli ora esibiva una profonda amnesia. Ricordava facilmente gli avvenimenti, come i fatti che aveva imparato e i nomi di persone che aveva incontrato, precedenti alla sua operazione, ma in pratica non aveva alcun ricordo indelebile di tutto ciò che era accaduto da allora. Evidentemente la capacità di Molaison di apprendere e ricordare nuovi fatti, quello che i ricercatori oggi chiamiamo memoria dichiarativa, era stata devastata dalla rimozione di una parte relativamente piccola del suo cervello.
Molaison collaborò con psicologi e neuroscienziati, e il suo caso ha riformato il pensiero scientifico riguardo alla base neurale della memoria, in quanto ha contribuito a stabilire alcuni moderni principi della ricerca sulla memoria, compresi l’idea che ci sono diversi tipi di memoria che dipendono da differenti regioni del cervello, e il concetto di consolidamento della memoria, vale a dire che le nuove memorie formate dall’ippocampo vengono poi archiviate nella corteccia cerebrale per l’immagazzinamento a lungo termine.
La ricostruzione digitale dell’encefalo del paziente amnesico Henry Molaison effettuata da Annese e dai suoi collaboratori
Quando Molaison morì per insufficienza respiratoria alle 17:05 dell’8 dicembre 2008, il progetto per conservare il suo cervello per sempre fu messo in atto. Un carro funebre portò il suo corpo al Massachusetts General Hospital (MGH), a Charlestown, dove i ricercatori iniziarono a raccogliere scansioni anatomiche di risonanza magnetica per immagini (sRMI) del suo encefalo intorno alle ore 21, continuando fino alle 6 della mattina successiva quando Annese arrivò su un volo speciale da San Diego per assistere Matthew Frosch, neuropatologo al MGH, nel rimuovere il cervello. Due mesi dopo, su un volo riservato da Boston a San Diego, Annese trasportò in un refrigeratore con ghiaccio l’encefalo di Molaison fissato in formaldeide. Al The Brain Observatory per alcuni mesi l’encefalo di Molaison fu imbevuto di una miscela di formaldeide e saccarosio all’interno di un tubo in un frigorifero. Questa miscela aiutò a prevenire la formazione di cristalli di ghiaccio e fori nel tessuto cerebrale quando Annese, nel Luglio successivo, congelò l’encefalo per affettarlo. Utilizzando un microtomo, Annese e i suoi collaboratori affettarono l’intero encefalo in sezioni molto sottili nel corso di una sessione di lavoro ininterrotta durata 30 ore, che fu visibile online in tempo reale. L’evento fu seguito da centinaia di migliaia di persone via Internet e ottenne l’attenzione dei mass-media e le prime pagine dei giornali in tutto il mondo. Annese progettò di affettare l’intero encefalo, invece di tagliarlo prima in pezzi più piccoli come effettuato più frequentemente, perché sebbene piccoli pezzi siano molto più facili da lavorare, le fette risultanti sono difficili da mantenere in registro l’una con l’altra. Invece fette dell’intero encefalo conservano il tessuto maggiormente intatto e conducono a una ricostruzione più fedele della struttura cerebrale.
Annese e i suoi colleghi terminarono ottenendo circa 2600 fette dall’encefalo di Molaison, ognuna con lo spessore di circa un capello umano. Poi montarono alcune di queste, una ogni dodici, su vetrini extra-large – con dimensioni di 13x18 centimetri - trattandole con un colorante che rende i corpi cellulari di colore viola. Una fotocamera collegata ad un microscopio fotografò ogni fetta ad una magnificazione 20x, sufficiente a distinguere i diversi tipi di cellule. A quell’ingrandimento, fotografare una singola fetta richiede un mosaico di circa 40.000 immagini individuali. Per ciascuna foto un sistema automatizzato effettuava il lavoro di spostamento della fetta, messa a fuoco, scatto, e invio dell’immagine al San Diego Supercomputer Center, che memorizzava i dati e riassemblava insieme le immagini in una composizione per ogni sezione. Le scansioni in risonanza magnetica per immagini della testa di Molaison prese la notte in cui morì, una volta adeguatamente corrette, hanno prodotto un’immagine tridimensionale che Annese paragona al globo che appare sulla schermata di apertura di Google Earth - un punto di partenza per la navigazione sul Web. Fotografie digitali e immagini istologiche hanno fornito mappe neuro-anatomiche più dettagliate, fino al livello delle singole cellule.
Altri studiosi della memoria sono molto interessati a un’osservazione più accurata del cervello di Molaison, in particolare dove si collocano esattamente i confini della lesione chirurgica. Le scansioni di risonanza magnetica per immagini presentano un’insufficiente risoluzione atta a determinare con certezza quali porzioni di tessuto cerebrale sopravvissero all’intervento chirurgico effettuato da Scoville, parti che potrebbero aver fornito una residua funzione di memoria. In effetti, nonostante i suoi ben documentati deficit di memoria dichiarativa, Molaison ogni tanto sorprendeva i ricercatori ricordando un evento appena appreso. Gli studi anatomici post-mortem di Annese forniscono una visione molto più chiara, rivelando con maggiore precisione l’estensione delle lesioni chirurgiche, così come la degenerazione successiva.
Inoltre, il confronto del cervello di Molaison con quelli di altri pazienti amnesici, che abbiano accettato di donare il proprio encefalo, può dare informazioni supplementari. Le sottili differenze comportamentali tra Molaison e altri pazienti amnesici con lesioni ai lobi temporali mediali, appaiate con le comparazioni anatomiche, potrebbero contribuire a chiarire la funzione delle diverse regioni entro i lobi temporali. Quindi, la conservazione degli encefali donati da questi speciali pazienti e da quelli con una serie di insolite condizioni neurologiche ha grande valore sia storico che scientifico.
La Digital Brain Library si propone di raccogliere gli encefali di 1.000 donatori
Ma H. Molaison è stato solo l’inizio. Annese e i suoi colleghi sono ora pronti a espandere notevolmente la portata e gli obiettivi della UCSD Digital Brain Library. La sfida per il prossimo decennio è raccogliere gli encefali e i profili medici personali di 1.000 donatori. A differenza di H.M. e altri importanti casi neuropsicologici che sono stati riferiti dai medici, la stragrande maggioranza dei donatori della UCSD Digital Brain Library sarà gente comune. The Brain Observatory sta attualmente collaborando con donatori locali o le loro famiglie per produrre la prima serie di casi che offrirà rappresentazioni veramente olistiche di differenti condizioni cerebrali. Alcuni donatori soffrivano di malattie neurologiche come l’Alzheimer e il Parkinson, ma altri godevano apparentemente di buona salute mentale fino al giorno della morte. Neurologicamente gli individui sani sono ugualmente interessanti e istruttivi, perché forniscono il contesto e una base per fare un confronto con gli stati di malattia.
L’obiettivo è dare impulso alla conoscenza di come il cervello umano è cablato e come le malattie e l’invecchiamento agiscono su di esso, quindi utilizzare tali informazioni per migliorare le cure mediche e la vita dei pazienti.
Con un catalogo sufficientemente ampio di encefali conservati come modelli virtuali, gli scienziati possono analizzare e visualizzare questi in modi nuovi che potrebbero fornire indizi sui principi che governano la struttura del cervello e aiutare i ricercatori a decifrare gli schemi personali di maturazione e malattia. Un sottoprodotto di questa ricerca saranno 1.000 ritratti neurologici personali: immensi quadri digitali che mappano precisamente alcune delle complessità biologico-strutturali correlate a certi comportamenti individuali (e sociali).
Attualmente, il modo migliore per scrutare all’interno di un encefalo umano vivente è attraverso una risonanza magnetica per immagini, che è un potente strumento diagnostico ma non può rivelare i fini dettagli strutturali alla base delle funzioni cerebrali e delle condizioni neurologiche. Per far ciò è necessario l’esame del cervello ex vivo; un’impresa che su larga scala presenta sfide evidenti.
Perciò la UCSD Digital Brain Library ha messo a punto nuovi protocolli che combinano i vantaggi e i benefici di questi due approcci, e poi li trascende.
Utilizzando tecnologie innovative, i ricercatori conservano nella Digital Brain Library ogni encefalo per intero, trasformandolo in una raccolta integrale di immagini sequenziali che possono essere visualizzate a diversi livelli di risoluzione, riassemblate in modelli tridimensionali, o esaminate con gli strumenti di dissezione virtuale - il tutto senza compromettere l’integrità del dataset originale. Inoltre, queste immagini sono corroborate da ulteriori dati medici, neuropsicologici, e anche biografici. Così il prodotto finale non è solo una serie di foto, ma un “ritratto neurologico” che descrive non solo l’encefalo, ma anche il suo proprietario.
Parte del materiale è crioconservato e protetto per future, ancora inimmaginabili domande e sperimentazioni, mentre molte sottilissime fette sono tagliate a intervalli regolari, colorate per rivelare diverse caratteristiche, e montate su vetrini formato cartolina. Questi vetrini sono digitalizzati, la qual cosa consente loro di essere accessibili e osservati da innumerevoli ricercatori simultaneamente, ovunque nel mondo, più e più volte.
Con scanner per microscopio progettati presso The Brain Observatory, ogni vetrino è una fonte incredibile di informazioni. I vetrini possono essere visualizzati al microscopio fino a una risoluzione di meno di mezzo micron per pixel. Ogni fetta digitalizzata richiede un terabyte di immagazzinamento su disco (1 trilione di byte di informazioni).